Focus On :: 20 feb 2024

Degustando i nettari della famiglia Stekar

Sorsi di una Slovenia al calice che seduce

Quando il bianco con qualche sfumatura d'arancio diventa una questione di stile. Una metafora per raccontare una serata dove alcuni nettari in un magistrale wine pairing hanno stupito per il loro carattere distintivo e non solo. Stiamo parlando dei vini sloveni della famiglia Stekar nelle colline della Slovenia occidentale a pochi kilometri dal confine. 11 ettari di vigneto, più frutteti a ciliegio e bosco. Una storia di passione e dedizione che inizia dalla fine del 1700 e, oggi, giunta alla 4a generazione, nella figura di Jure Stekar, continua con un disegno di Bacco forte di metodi naturali dove i vini sono l'autentica espressione del valore delle radici e dei terroir che li ospitano. E' nel 2006, infatti, che l'azienda ha ricevuto la certificazione biologica, a dimostrazione dell'impegno per una vinificazione a basso impatto ambientale. 

Dicevamo della cena andata in scena al Ristorante Gunè di Firenze (1): i piatti dello chef Mirko Margheri hanno abbracciato armoniosamente i quattro vini, Malvasia (2), Emilio, Sivi Pinot, Filip Rebul. "Il nostro limite sarà intorno alle 100 mila bottiglie, perché vogliamo rimanere contenuti per garantire sempre un livello di qualità alto" - ha raccontato il patron della cantina, Jure Stekar (3) in occasione della serata. La conferma, il primo calice servito, una splendida ed elegante Malvasia 2021 (localmente Malvazija), vino davvero interessante, gustoso determinato nella sua struttura e freschezza gustativa. La frutta gialla impera con stile, colpiscono i sentori di fiori di acacia. Equilibrato, ha ben accompagnato il primo servito, un'entrée di Crema parmantier con crema siciliana e uovo disidratato, Cannolo al peperone crusco di Senise Igp, crema di cavolfiore e uovo di salmone. D'obbligo un bis e oltre con la portata successiva, delle Quaglie del Casentino (4) ripiene ai datteri, topinambur al pepe di sichuan e menta cristallo. Un vino che crea affezione, non stanca. Si beve che è un piacere. "I nostri vini non sono mai filtrati" - ha continuato sempre Stekar e sopratutto sono privi di solfiti. Scusate se è poco.

Lode al Risotto al Bardiccio rufinese (5), con rape posse, estratto di radicchio e caciocavallo lucano, un idillio al palato molto bene costruito da Margheri, abbinato a Emilio (omaggio al nonno che impiantò le prime viti), un bianco proveniente da vari vigneti, versione in purezza della Sauvignonasse (un tempo chiamata Tocai). Complesso e profondo, decisa la struttura, presenta note di frutta matura, erbe aromatiche. Un gran finale lungo.

Il terzo vino, Sivi Pinot 2021, Pinot Grigio di Jure, un "orange wine" che conquista per l'eccellente equilibrio. Bellissimo alla vista per il colore pesca salmone, sicuro al naso e al palato con frutti d'albero essiccati e maturi, albicocca speziata e un sottofondo di fresca mineralità. Lunghissimo il finale. E l'incanto dell'abbinamento cibo-vino? Ebbene, il Vitel Tonnè…Sbagliato (6): Angus ai carboni con bernese all’acciuga e tonno scottato al jus di vitello. Una danza perfetta. Ottimo anche l'ultimo vino in degustazione Filip Rebula - Il Filip Blanc 2018, prodotto con uva Rebula (Ribolla), originaria di questa piccola piccola regione vinicola. "La Ribolla gialla da noi è considerata la Regina del Collio" - ha dichiarato Stekar, un vino dalla personalità decisa con aromi di frutti maturi, note floreali bianche e una sfumatura terrosa naturale. Al palato è estremamente lungo, bilanciando il suo innegabile peso con un tono fresco e brillante acidità dell'uva, con terra, fiori e frutta. 

Tutti nettari di spessore. Che dire... poco più di 250 kilometri dal confine italiano, merita farci un salto.

 

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